fotografia banner tratta da quella di Stefano Petitti

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domenica 3 febbraio 2013

Non lo dico ...ma poi lo dico lo stesso

Far gesti con le mani, impallidire, preferire lo stare in gruppo o star da soli, arrossire, scegliere un certo modo di abbigliarsi, la mimica facciale, la postura del corpo e i vari atteggiamenti che possiamo assumere, sono strumenti comunicativi molto potenti.


Queste interazioni pur non essendo parte della comunicazione verbale rientrano in quella non verbale che senza servirsi delle parole rivela, anche involontariamente, ciò che l’individuo realmente prova o pensa anche se non lo dice apertamente con il linguaggio parlato.

Ray Birdwhistell antropologo statunitense precursore nel campo della comunicazione non verbale, ha lavorato in modo particolare allo studio del movimento del corpo e ha dato origine alla cinesica: una metodologia che si interessa degli aspetti comunicativi appresi ed eseguiti attraverso i movimenti del corpo, i comportamenti gestuali, le espressioni facciali.

Birdwhistell ha individuato un parallelismo tra il linguaggio verbale e quello gestuale perciò sinteticamente potremmo dire che il fonema sta alla linguistica come il cinèma sta alla cinesica. In pratica il cinèma sarebbe la più piccola unità d’azione percepibile, per questo antropologo, tutti i movimenti del corpo hanno un senso (non essendo casuali), e la grammatica di questa sorta di linguaggio si può analizzare analogamente al linguaggio verbale. Questo autore ha inoltre calcolato che l’uomo è in grado di fare e di riconoscere circa 250.000 espressioni facciali ed ha calcolato che la componente verbale della comunicazione tra due interlocutori è inferiore al 35% e che più del 65% è invece di natura non verbale. Diversi lavori in questo campo hanno dimostrato che durante un discorso, una quantità significativa delle informazioni che ci arrivano, pervengono non solo dalle parole, ma anche e soprattutto dal tono della voce e dal linguaggio del corpo.

Tuttavia non bisogna pensare che sia possibile valutare il nostro interlocutore da un solo gesto così come non bisognerebbe farlo da una sola parola. E’ necessario contestualizzare parole e gesti per avere un quadro attendibile di veridicità.

A questo tipo di studio si accosta bene un’altra disciplina: la prossemica che studia lo spazio e le distanze all’interno della comunicazione. Questo termine è stato introdotto da un’altro antropologo Edward T. Hall per lo studio delle relazioni spaziali nella comunicazione verbale e non. Egli ha definito quattro zone

1. La distanza intima (0-45 cm).

2. La distanza personale (45-120 cm) per l'interazione tra amici.

3. La distanza sociale (1,2-3,5 metri) per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo.

4. La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni.

La distanza tra gli individui comunque varia molto secondo la cultura di una persona quindi gente che proviene da aree geografiche diverse ha l’abitudine a “tenere le distanze” in modo diverso pertanto anche i parametri sopra elencati possono cambiare e sono riconducibili prevalentemente a quelle usate dallo statunitense medio. Ci sono differenze anche nella postura spaziale tra maschi e femmine i primi preferiscono stare al lato di una persona mentre le femmine di fronte. Interessante anche lo studio fatto sulla distribuzione delle persone all’interno degli ascensori: gli statunitensi si rivolgono tutti verso la porta disponendosi per file parallele gli europei invece si dispongono in cerchio e rivolgono le spalle alle pareti e il viso verso gli altri occupanti.

Nella fotoTim Roth nei panni  dottor Cal Lightman.della serie : Lie To Me

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